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In questi versi Tirotto rielabora la tradizione della lingua poetica sarda adeguandola a quella contemporanea occidentale, portando ad esiti di alto livello la parlata di quella enclave linguistica che segna il confine tra Romangia e Anglona, tra sardo corso e sardo logudorese. Libero dalle necessità denotative della narrazione, l'autore mostra la qualità lirica del suo linguaggio, di suoni e sillabe in cui il mare e il vento, come nei poeti liguri, dominano come pregnante metafora della vita.